L'uomo dalla pistola d'oro

È l’ultimo romanzo di Ian Fleming, l’estrema avventura di James Bond. Lo scrittore inglese è morto proprio mentre stava correggendo le bozze di questo libro paradossale e avvincente. Ricordate come terminava Si vive solo due volte? Dallo scontro decisivo contro Ernst Stavro Blofeld, 007 usciva vittorioso, ma provato sin nella più intima fibra, sconvolto e smemorato, incapace di ricordare non solo il nome dell’avversario, ma il proprio stesso nome. In L’uomo dalla pistola d’oro, 007 riappare a Londra, alla sede del servizio di spionaggio: il micidiale eroe di tante imprese sta per presentarsi a rapporto dal saggio, astuto e tenace M. Ma non si stratta di un rapporto come tanti altri: James Bond, infatti, tenta addirittura di ammazzare M. Cosa gli è successo? 007 è impazzito? Quasi, o peggio. Mentre vagava nel delirio, è caduto in mani ostili e interessate. Gli hanno lavato il cervello, lo hanno convertito a un’altra missione, la causa della pace, e, quindi, lo hanno rispedito a Londra come un automa, a sopprimere proprio il suo capo. È con questo clamoroso gesto edipico, l’aggressione al buon padre M, che ha inizio questa estrema avventura di James Bond. Un’avventura che ha solo un torto: finire a un certo punto, separandoci da un personaggio riuscito e divertente, emozionante e ironico, uno dei pochi personaggi validi che abbia prodotto la narrativa seria o non seria di questi anni.